venerdì 28 ottobre 2011

Anche qui un pò di Pet therapy ...

In occasione del Laboratorio di Informatica, io e Arianna, una mia compagna di corso, abbiamo deciso di sviluppare il tema della Pet therapy  da pubblicare nella Wiki.
Magari voi vi state chiedendo " Perchè avete deciso di affrontare proprio quella tematica? Da cosa è partito il vostro interesse circa questa particolare terapia? " La risposta è semplice, ma non la ritengo scontata. 
Abbiamo deciso di documentarci e approfondire l'argomento conciliando due forti passioni, che per di più ci accomunano: l'aspetto psico-pedagogico, legato agli incontri che si instaurano con adulti e/o bambini con disabilità, deficit, disagi sociali, comportamentali, relazionali; e l'amore per gli animali, in quanto il co-terapeuta che affianca l'intervento mirato di psicologi, educatori, psicoterapeuti, è proprio un animale.


( In questa pagina Web si possono trovare maggiori informazioni che possono risultare utili per un mini approfondimento della tematica : http://infoeducazione.scform.unibo.it/index.php/Progetto_pet_therapy ).

Nella pagina sopra indicata troverete anche una delle tantissime testimonianze riferite sia dagli operatori, sia dalle famiglie o dai pazienti stessi che hanno, attraverso questa terapia, affrontato i loro disagi o le loro malattie.

mercoledì 26 ottobre 2011

Risultati che dovrebbero far riflettere.....

Secondo uno studio di Avg, società che si occupa di sicurezza su Internet, non c’è dubbio: i bambini se la cavano molto meglio con la tecnologia, a scapito delle abilità pratiche. La ricerca, nata allo scopo di capire come si è evoluta l’interazione tra bambini e tecnologie, è stata effettuata interpellando 2200 mamme di bambini di età compresa tra i 2 e i 7 anni, in 11 Paesi tra in più evoluti, compresa l’Italia, alle quali è stato chiesto di compilare un questionario sulle abilità dei propri figli.
I risultati dell’indagine, pubblicati dal quotidiano britannico Daily Mail, fanno riflettere: il 58% dei bambini è in grado di giocare a un videogame di livello base, il 77% di completare un puzzle, il 69% di muovere un mouse, il 63% sa accendere e spegnere il pc, il 28% riesce a fare una chiamata con il cellulare, il 25% accede ad Internet senza difficoltà e il 19% riesce a giocare con un’applicazione su dispositivi touch come tablet e smartphone. D’altro canto però, solo il 52% ha già imparato ad andare in bicicletta, il 37% conosce il proprio indirizzo di casa, il 20% è in grado di nuotare senza assistenza e appena l’11% è in grado di allacciarsi le scarpe (percentuale che sale al 14% nella fascia di età tra i 4 e i 5 anni). Lo studio non evidenzia inoltre sostanziali differenze tra maschi e femmine, ma tra mamme giovani e quelle meno: infatti, i bambini le cui mamme hanno dai 35 anni in su risultano più incentivati, anche se poco a dir la verità, a svolgere attività più “tradizionali” come il nuoto e la scrittura.


Eh sì, perché come potete immaginare, la responsabilità di questa sempre minore dimestichezza dei bambini con la “manualità” della vita pratica di tutti i giorni, che fa preferire lo schermo di un pc ad una corsa all’aria aperta, non può che ricadere, purtroppo, proprio sui genitori. Tra il lavoro, gli impegni, la stanchezza e talvolta anche un pochino di pigrizia, i genitori preferiscono non insegnare ai figli le abilità pratiche e fisiche, che sia andare in bicicletta o, appunto, allacciarsi le scarpe, e condividerle con loro, ma scelgono la tecnologia, più comoda, espone meno ai pericoli del mondo reale e, diciamolo, è perfetta anche come babysitter (ruolo rivestito fino a qualche anno fa solo dalla TV).
Ma questa evoluzione porta a dei rischi non trascurabili, in quanto compromette il loro sviluppo sociale e la capacità di instaurare relazioni con i pari, o con gli altri in genere, e ovviamente ha forti influenze anche sul loro benessere fisico, dato sia dalla quasi nulla attività fisica, sia dal fattore "vista".
Come sottolinea l' esperta di sviluppo del bambino, Sue Palmer, ciò di cui i bambini hanno più bisogno è di “un gioco reale con persone reali” e devono essere proprio genitori ad indirizzarli in questo senso. Interessante sarebbe infatti capire se e come la padronanza precoce delle abilità digitali nei bambini, quasi inevitabile nel XIX secolo,  influisca sull’apprendimento di quelle pratiche.

Voi che ne pensate?

mercoledì 19 ottobre 2011

Da Il messaggero..

Ecco un articolo tratto da ilmessaggero.it che ci mostra una realtà americana molto all'avanguardia.

NEW YORK – Una volta c’erano le tavolette ricoperte di cera su cui si scriveva con lo stilus, poi c’è stato il papiro e il calamus, poi la pergamena e le piume d’oca. E infine la carta, le penne stilografiche, le penne biro.
Dagli albori della civiltà, l’uomo ha scritto a mano.

 Fino a che, in epoche a noi vicine, è arrivata la macchina da scrivere, presto spazzata via dal computer. E qualcuno comincia a pensare che tra poco smetteremo completamente di usare carta e penna, e scriveremo solo su tastiere, siano quella del laptop, dell’iPad, dell’iPhone. Perché allora perdere tempo a insegnare l’arte di tenere in mano una penna e di esprimersi in bella grafia? Per i provveditori agli studi nello Stato dell’Indiana, ai bambini delle elementari basteranno un paio d’anni di lezioni di scrittura, giusto per sapere come stringere la matita, dopodichè l’insegnamento della scrittura in corsivo con penna o matita diventerà facoltativa.
Ai bambini verranno piuttosto fatti seguire corsi intensivi di scrittura alla tastiera. 
La notizia è arrivata ieri, per l’appunto in coincidenza con un articolo del New York Times che raccontava come negli Stati Uniti il numero delle banconote in circolazione sia il più basso degli ultimi trent’anni: gli americani usano sempre meno i contanti, e sempre di più la plastica delle carte di credito o delle carte di debito. In fondo si tratta di notizie analoghe : la tecnologia ci allontana inesorabilmente da tradizioni, da abitudini e prodotti familiari.


Ho introdotto l'atricolo sostenendo che questo articolo ci mostra la realtà americana di oggi, ma.. non sarà un pò troppo all'avanguardia?
Lasciando un attimo da parte i giudizi e le contestazioni che si possono fare per questa iniziativa, non possiamo però ignorare una riflessione spontanea circa i nuovi approcci, le innovazioni verso l'educazione e il contesto educativo in generale.

Voi che ne pensate?

mercoledì 12 ottobre 2011

Navigando in Internet ho trovato questa intervista fatta al dottor Stefano Vicari all'ospedale Bambin Gesù in cui egli illustra la dislessia in modo piuttosto chiaro, semplice e comprensibile a tutti.  


Ciò che mi ha lasciato però più perplessa è la parte finale dell'intervista in cui il Dottor Vicari sostiene che i bambini con dislessia non debbano leggere, ma utilizzare le cosiddette strategie alternative, come i computer, i supporti digitali, e le sintesi vocali.
Ma io mi chiedo: e quando questi bambini saranno diventati adulti e dovranno leggere velocemente i segnali o le mappe stradali?  O più semplicemente il menù del ristorante? Cioè, quando si troveranno a dover affrontare situazioni e avvenimenti tipici della normale vita quotidiana, come faranno? 
Il mio intento non è sicuramente quello di contraddire o "insegnare" qualcosa  a un esperto e competente in materia, bensì quella di proporre una riflessione circa i numerosi progressi che si stanno avanzando, tralasciando e quasi dimenticandosi anche che certi problemi e disagi prevedono soluzioni che richiedono impegno, sforzo, ingegno, e in cui questi non possono esser sostiuiti da supporti tecnologici e meccanici.
Voi che ne pensate?

lunedì 10 ottobre 2011

"La buona salute è questione di risate"

Ciao a tutti,
come si può vedere dalle informazioni del mio profilo, tra i miei film preferiti ho indicato Patch Adams, film prodotto negli Stati Uniti d'America nel 1998, in cui è narrata la storia di un uomo che in seguito ad un periodo vissuto in un ospedale psichiatrico, a causa del tentato suicidio, si iscrive all'Università di Medicina e introduce agli inizi degli anni settanta la cosiddetta tecnica della Risoterapia.
Inizialmente sono molte le resistenze e i rifiuti di questa innovazione, ma successivamente si sono accorti che questo comportava una riduzione dell'uso di antidolorifici i quali agiscono tutti sul sistema nervoso anestetizzandolo e convincendolo che il dolore non ci sia; ma Adams fa degli ulteriori passi avanti in quanto si accorge che una buona risata o una piacevole emozione possono raggiungere un effetto simile.
Ecco, ciò su cui voglio soffermarmi oggi è proprio questa, per me fenomenale, iniziativa che è oggi meglio conosciuta come Clownterapia, o Comicoterapia.
In che cosa consiste? E' una pratica fondata innanzitutto sul rapporto che si instaura tra i malati e chi si prende cura di loro, cioè i medici e gli infermieri, ma in modo quasi originale, alternativo. I medici infatti si presentano vestiti da veri e propri pagliacci e utilizzano una mimica e un linguaggio tipici dei clown che comunemente ci intrattengono nei Circo.
I malati, gli anziani reagiscono bene alla terapia perché la risata rilassa, allenta la paura e rende l'ospedale meno opprimente. Inoltre, realizzare i sogni dei malati e farli ridere aiuta ad aumentare l'emissione di endorfine, accelerandone la guarigione.
L'allegria e la risata rendono il percorso terapeutico sin dall'inizio della permanenza in ospedale più sopportabile anche per i bambini che instaurano così un rapporto diverso con l'ambiente ospedaliero e i dottori che se ne occupano.
Io ho assistito in prima persona a questa "iniziativa", perchè per un breve periodo ho partecipato all'attività di volontariato in un Ospedale e ho notato proprio come questa avvicinasse molto due figure che talvolta sono viste in un'ottica di lontananza, cioè i pazienti e i dottori.
Tra di essi, grazie proprio alla clown terapia, si infondeva un rapporto del tutto nuovo, perchè non vi era più solo il timore della malattia, la paura del male, la preoccupazione delle diagnosi; si respirava un'aria meno tesa, più vivace, allegra, e tutto questo grazie a loro.
Hanno una duplice "funzione", se così la vogliamo chiamare: curare e far ridere. Assistere, ma facendo divertire.
E questo lo chiamate dettaglio?
Aveva forse sbagliato Walter Scott affermando : La vita senza allegria è come una lampada senza olio?
Se vi va, lasciate la vostra opinione!
Elena.

sabato 8 ottobre 2011

Introduzione Al Mio Blog:

Ciao e Benvenuti nel mio Blog! 

Sono una ragazza dell'Università di Bologna e seguo il secondo anno del corso di Educatore nei servizi per l'infanzia.  La creazione di questo blog nasce dalla partecipazione ad un Laboratorio Didattico il cui argomento base è "L'informatica per l'educazione". Proprio per questo motivo i blog che seguiranno tratteranno principalmente di educazione ed introduzione nelle scuole dei mezzi digitali, di tecnologia, di innovazioni mediatiche, del rapporto uomo-mondo virtuale.  Questo è inoltre uno "spazio" in cui potrete esprimere la vostra personale opinione, idea, attraverso commenti e risposte alle mie pubblicazioni.
Grazie per la collaborazione! 
Un saluto, e buona lettura.




I Bambini di oggi e i Bambini di ieri

Ciao ragazzi, ho deciso di aggiungere questo post in seguito ad un'esperienza che ho vissuto di prima persona, e riflettendoci ho pensato che possa essere un argomento che oggi accumuna parecchi di noi.
A partire da gennaio dello scorso anno mi sono trovata a lavorare con due bimbi, di 5 e 3 anni, con cui passavo in media quattro ore al giorno e così ho avuto modo di farmi un'idea del mondo in cui oggi sono, e siamo, abituati a crescere.
Ciò a cui ho subito fatto caso e su cui ho puntato, istintivamente, la mia attenzione, è stata la grande differenza che c'è tra il mondo dei giochi dei "bambini di oggi e quello dei bimbi di ieri", mi spiego meglio.
Innanzitutto oggi il gioco è vissuto dai piccoli come un'attività prevalentemente individuale, da vivere in solitudine,  ognuno nella propria casa, senza avere compagni di scambio, ma piuttosto concentrati a superare infiniti livelli di un videogioco della Play Station o a "navigare" per i giochi e le attività offerte dall' "amico" computer.Non esistono infatti le numerose comitive, a cui ero abituata io, formate dai fanciulli e ragazzi che vivono nello stesso quartiere, o i gruppi di bimbi che organizzano giochi come Ruba banidera, Nascondino, la Cavallina, le formine fatte con la pasta sale o col gesso, il gioco della campana, e tanti altri.
Io mi ricordo che soprattutto durante l'occasione dei festeggiamenti dei compleanni, c'era un enorme entusiasmo da parte di tutti noi proprio grazie a questi intrattenimenti che noi stessi, o con l'aiuto di un adulto, ci impegnavamo ad organizzare.

Oggi tutto questo non accade.
Infatti, oggi è più facile appunto ritrovare gruppetti di due, massimo 3 bimbi che si sfidano a giochi di guerra con la play station, o bambine che vestono bambole e barbie digitalmente, con l'uso del computer.

Tutto questo è sicuramente frutto dei cambiamenti, positivi e/o negativi, che hanno interessato il nostro sistema sociale: i genitori dediti completamente al lavoro, che non appena hanno la possibilità di una giornata libera, difficilmente decidono di trascorrerla immersi in urla, corse, giocattoli sparsi in ogni dove, di decine e decine di bambini; poche sono inoltre le famiglie che vivono in case in aperta campagna, o comunque abitazioni con qualche spazio in cui potersi muovere liberamente;  anzi, si vedono sempre più spesso bambini affacciarsi dai balconi, o costretti a correre nel giardinetto interno al condominio.
Tutto questo mi ha portato a farmi diverse domande, a pormi dei quesiti:
Tutto questo sviluppo, il cui stesso termine porterebbe ad attribuirgli un carattere positivo, sta favorendo il progredire dei singoli, o li sta meccanizzando, individualizzando, estraniando dal mondo che lo circonda? Di questo passo, come potranno vivere la loro infanzia i nostri nipoti, le generazioni future?

Se vi va, lasciate un commento,
Elena.